Pagine

domenica 13 novembre 2011

L'audace colpo del solito noto

Tanti in questi giorni stanno festeggiando la fine del governo Berlusconi, immaginando o auspicando una sua uscita di scena.
Ma la caduta del suo esecutivo, non coinciderà necessariamente con la sua fine politica.
Il leader del centrodestra, pur nell'incertezza del momento, non si è lasciato cogliere impreparato.
Anzi ho il vago sospetto che tutti i segnali della sua fine non fossero null'altro che, almeno in parte, premeditati.
Le voci sulle richieste dei suoi di dimettersi prima di un voto di fiducia, la telefonata tra Bechis e Corsetto, il voto sul Rendiconto dello Stato, l'immagine del foglio con su scritto, a caratteri chiari e ben leggibili, il riferimento agli "8 traditori" ed il percorso che da lì si sarebbe intrapreso, non mi sembrano altro che tappe successive di dimissioni "controllate".
Ogni partito era immobilizzato in un gioco di veti reciproci, che non permettevano uno sbocco alla situazione, e le pressioni internazionali politiche e giornalistiche, ponevano Berlusconi al centro di una crisi economica non certo causata dall'Italia.
Il deludente risultato del voto sul Rendiconto (ammesso che non fosse stato voluto), era un inciampo ma non apriva certo una crisi di governo: c'erano stati momenti peggiori.
Rassegnando le dimissioni invece, abbiamo adesso un Berlusconi che può dire di aver subìto un ennesimo tentativo di ribaltone (cosa peraltro vera), e di essere rimasto al suo posto il tempo necessario all'approvazione del maxi-emendamento, per poi essersi prontamente tirato indietro nell'interesse generale del paese, mentre gli altri rimanevano arroccati nelle proprie posizioni.
Non saprei dire se sia stata una strategia elaborata internamente alla sua coalizione, o concordata con Napolitano, o perfino con parti dell'opposizione, se non con elementi estranei al contesto nazionale.
Ma sta di fatto che:
-è ancora il leader del PDL;
-può ancora trattare con la Lega;
-la coalizione gode della maggioranza parlamentare soprattuto al Senato;
-non ha mai subìto la sconfitta del voto di sfiducia;
-il suo "passo laterale" gli può aprire l'appoggio dei partiti centristi, peraltro pieni di parlamentari eletti sotto le insegne del PDL.
Quindi pur dovendo pagare l'Italia il dazio di una limitazione della sovranità, cosa che sarebbe comunque avvenuta, il centrodestra ha due possibilità: sostenere il governo Monti per condizionarlo, oppure lasciarlo sostenere dalle sole opposizioni, mettendole di fronte alle loro contraddizioni.
E non è un'ipotesi peregrina che potrebbe ancora correre per palazzo Chigi.
Insomma Berlusconi è caduto, ma è caduto in piedi.
Ne vedremo ancora delle belle.